Queste api cactus (Diadasia rinconis) sono considerate insetti solitari: vivono senza la gerarchia e la struttura sociale di altre specie di api. Qui sono visti sciamare insieme in quella che è conosciuta come una palla di accoppiamento, in cui molti fuchi amorosi si raggruppano attorno a una regina. Questo raro momento è stato catturato dalla fotoreporter Karine Aigner e ha vinto il Gran Premio del concorso BigPicture 2022.
Se lo sciroppo è molto zuccherato (40%), i bombi (Bombus terrestris) sopportano di restare con i piedi su un fondo riscaldato a 55°C [1]. Questo esperimento è stato fatto nel laboratorio di Lars Chittka a Londra. I bombi potevano abbeverarsi da tubetti contenenti differenti concentrazioni di zucchero stando su una delle quattro predelle tenute a temperatura ambiente oppure riscaldate a 55°C. Le predelle erano marcate con due colori differenti (giallo e viola) e quelle gialle portavano i tubetti con 40% di saccarosio. Le api hanno evitato le predelle a 55°C quando le predelle a temperatura ambiente contenevano sciroppo a 40%, ma hanno progressivamente aumentato l’alimentazione dalle predelle calde quando la concentrazione di saccarosio nelle predelle fredde è diminuita. I bombi si sono adattati al dolore a dipendenza del contesto e nonostante gli stimoli nocivi hanno dato priorità al cibo di alta qualità.
Con il tempo le api hanno imparato ad usare i colori delle predelle per scegliere quelle con lo sciroppo più nutriente. Questo indica che i bombi hanno una memoria associativa e gli autori sospettano che potrebbero provare il dolore. Se ciò fosse il caso, ci sarebbero forse problemi etici nell’uso di certi metodi apistici.
1. Gibbons, M., et al., Motivational trade-offs and modulation of nociception in bumblebees. Proc Natl Acad Sci U S A, 2022. 119(31): p. e2205821119.
Una società biotech della Georgia (USA) (https://www.dalan.com/science) ha ricevuto dal dipartimento di agricoltura l’approvazione provvisoria di un vaccino per prevenire la peste americana, causata dal batterio Paenicillus larvae. Questo vaccino, denominato primeBee, sarebbe il primo approvato negli USA per trattare degli insetti (NYTimes, 7.1.2023).
È sorprendente che si parli di un vaccino, poiché le api non sono in grado di produrre anticorpi, che invece nei vertebrati riconoscono e neutralizzano i microbi.
Ciononostante, gli insetti sono capaci di acquisire l’immunità e di trasferirla alla loro prole. Una sorta di priming immunitario transgenerazionale (TGIP). Il meccanismo esatto non è conosciuto [1]. I collaboratori di Dalan, basandosi su risultati di Dalial Freitak, dell’Universitä di Graz (Austria) [2], hanno incorporato il vaccino, fatto di batteri inattivati, nella pappa reale somministrata alla regina. La regina ha sviluppato una resistenza ai batteri e l’ha trasferita alle api della sua colonia. Nei due studi pubblicati, al momento di corta durata e perciò di tipo preliminare, la riduzione della sensibilità allo sviluppo della peste americana è stata del 50%.
Jean-Daniel Charrière, capo del Centro di ricerca sulle api di Liebefeld trova i risultati interessanti e spera che saranno confermati da altri ricercatori. Una commercializzazione gli sembra prematura e non vuole suscitare troppe speranze negli apicoltori (Heidi-News, 9.1.23). Charrière è scettico anche perché, come co-autore di una pubblicazione recente [3], non ha potuto confermare la prevenzione della peste europea utilizzando un approccio simile al TGIP. Lars Straub, docente per la salute delle api selvatiche all’Università di Berna, trova che l’applicazione del metodo nella pratica apistica sarà difficile [4].
Un apicoltore leventinese pensa che se primeBee dovesse funzionare, l’applicazione pratica potrebbe avvenire solo presso i produttori di regine, che ne approfitterebbero per commercializzare regine più resistenti alla peste americana.
Fonti:
1. Tetreau, G., et al., Trans-generational Immune Priming in Invertebrates: Current Knowledge and Future Prospects. Front Immunol, 2019. 10: p. 1938.
2. Dickel, F., et al., The oral vaccination with Paenibacillus larvae bacterin can decrease susceptibility to American Foulbrood infection in honey bees-A safety and efficacy study. Front Vet Sci, 2022. 9: p. 946237.
3. Ory, F., et al., Lack of evidence for trans-generational immune priming against the honey bee pathogen Melissococcus plutonius. PLoS One, 2022. 17(5): p. e0268142.
4. Poppe, M. and A. Lemcke, Neue Bienenimpfung könnte sich auf Milliarden Insekten auswirken, in Neue Zürcher Zeitung. 2023: Zürich. p. 52-53.
Un team di biologi britannici diretti da Lars Chittka [1] ha osservato i bombi (Bombus terrestris) interagire con oggetti inanimati come se fossero dei giocattoli (“just for fun”). I bombi sono reputati come dei lavoratori instancabili ed è quindi sorprendente osservarli giocare con delle palline colorate (Fig. A. e video su “Guardian”).
Fig. A: Tre colori di palline (15 mm di diametro) sono a disposizione dei bombi: arancioni, violette e marroni. I bombi non hanno preferenze per un determinato colore.
I bombi si trovano nel nido (Fig. B.) e possono attraversare il corridoio per arrivare a succhiare zucchero (S) e a mangiare polline (P). Ma se viene data loro l’opzione, si fermano a giocare con le palline, sebbene non ci sia nessun incentivo apparente. I bombi più giovani fanno rotolare più palline rispetto ai più vecchi e i fuchi rotolano più a lungo delle loro controparti femminili. I bombi hanno fatto rotolare palline fino a 117 volte nel corso dell’esperimento.
Fig. B: Vista aerea dell’arena sperimentale contenente l’area foraggio a sinistra (S: saccarosio, P: polline), il corridoio con l’area palline e il nido a destra. Gli esperimenti sono stati registrati con l’aiuto di un IPhone.
In ulteriori test, 42 bombi hanno avuto accesso a due camere colorate, una delle quali conteneva le sfere di legno. Dopo aver rimosso le sfere, i bombi preferivano il colore della camera precedentemente associata alle palline.
Gli autori dello studio valutano questi risultati come indizi che le menti dei bombi siano più complesse di quanto immaginato. Sono anche un ulteriore sostegno all’esistenza di stati affettivi positivi in questi animali.
Dopo aver letto questa pubblicazione un apicoltore leventinese mi ha scritto: “Chissà se si tratta proprio di gioco o se sono “riflessi condizionati” dalle ripetitive attività dei primi giorni di vita all’interno dell’alveare (cfr. attività di pulizia dell’alveare e interazione tra consimili)?”.
Sarebbe interessante ripetere l’esperimento invertendo la posizione delle due camere (prima quella con zucchero e polline, dopo quella con le palline).
Comunicato della FAO, il giorno dell’ape, 20.5.2022.
La paura degli elefanti per i topi è un mito, mentre il timore degli elefanti per le api è ben conosciuto dagli indigeni est-africani. Questo timore è stato sfruttato da un gruppo di studiosi diretti da Lucy King, Università di Oxford, per impedire agli elefanti di saccheggiare i raccolti e di invadere i villaggi. Le arnie, appese a dei pali sono collegate tra di loro con dei fili di ferro e formano un recinto attorno ad una casa, a un campo o un villaggio. Se un elefante si avvicina alla recinzione e urta il filo, le arnie ballonzolano e le api allarmate escono per attaccare gli intrusi.
Sebbene la cute del corpo degli elefanti sia molto spessa, la pelle attorno agli occhi, nella bocca e all’interno della proboscide è sottile e delicata e le api prediligono pungere in queste zone. Persino il ronzio di uno sciame di api impaurisce gli elefanti, che scappano e producono anche un barrito particolare per avvertire i commilitoni (video Disney). Un storia folcloristica locale ha quindi permesso di sviluppare un metodo ecologico per impedire degli scontri tra la popolazione e gli elefanti. Purtroppo, l’aumento della frequenza di periodi di siccità provoca un declino del numero di api. L’istruzione degli indigeni alla pratica apistica è ostacolata dalla mancanza di manuali in lingua locale.